Abstract: una volta stabilito un importo dell'assegno di mantenimento a carico del coniuge non collocatario, il rispetto del principio di proporzionalità comporta che sia automaticamente determinabile anche la quota che teoricamente dovrebbe essere a carico del genitore collocatario; un rapido esempio mostra che la somma di tali importi, adottando i criteri di molti tribunali italiani, corrisponde a costi di mantenimento ordinari superiori ai redditi familiari complessivi!
Nelle vecchie botteghe di quartiere capita talvolta di vedere esposto un cartello che recita "rapido, buono, economico: il cliente è pregato di scegliere due qualità su tre". La divergenza necessaria fra le tre qualità di un prodotto è rappresentata dalla seguente immagine animata dove, alla selezione di una qualità corrisponde inevitabilmente la deselezione di un'altra.
E' possibile immaginare in modo simile il calcolo di un assegno di mantenimento: il rispetto del principio di proporzionalità comporta infatti che, una volta determinato l'importo dell'assegno dovuto dal coniuge non collocatario e il tempo di frequentazione consentito allo stesso, a un dato contributo imposto al coniuge non collocatario dovrebbe corrispondere un contributo proporzionale da parte del coniuge collocatario; se ad esempio il coniuge non collocatario, tra assegno di mantenimento e spese sostenute direttamente nei propri tempi di frequentazione, versa ogni mese 50, ciò dovrebbe significare che, a parità di redditi, se il principio di proporzionalità è rispettato e l'assegno calcolato correttamente, anche il coniuge collocatario deve spendere 50 nei propri tempi di frequentazione.
Nei contributi precedenti abbiamo ampiamente dibattuto il fatto che i provvedimenti giudiziari spesso determinano assegni di mantenimento di importo iniquo, che non rispettano al principio di proporzionalità e attribuiscono quasi integralmente al genitore non collocatario l'onere del pagamento del costo del mantenimento della prole.
Vediamo ora come tali provvedimenti, basati su criteri forfettari e arbitrari determinano spesso importi che oltre ad essere iniqui, sono anche privi di una coerenza logica.
Abbiamo visto più volte che la legge (art. 337 ter c.c.) prevede che l'assegno di mantenimento (impregiudicato il fatto che la legge prevede solo in via eventuale la determinazione di un assegno di mantenimento) dovrebbe essere determinato nel rispetto del principio di proporzionalità; questo significa che ciascuno dei coniugi deve contribuire al costo complessivo di mantenimento dei figli in misura proporzionale ai propri redditi; così (quando non si commette il frequente errore di confondere l'importo dell'assegno con l'importo complessivo del costo di mantenimento dei figli), si tende comunemente a pensare che l'assegno di mantenimento rappresenti il contributo che il genitore non collocatario deve dare al genitore collocatario per contribuire al costo dei figli quando i figli frequentano il genitore collocatario; ciò che si tende a dimenticare, e che apparentemente anche i provvedimenti giudiziari di determinazione dell'assegno di mantenimento sembrano spesso dimenticare, è che per rispettare il principio di proporzionalità, così come il coniuge non collocatario deve contribuire pro quota al costo di mantenimento dei figli quando questi frequentano il genitore collocatario, analogamente il coniuge collocatario deve contribuire al costo di mantenimento dei figli quando questi frequentano il genitore non collocatario; qualora ciò non si chiaro, si rischia di incorrere in provvedimenti errati in base ai quali il costo dei figli è integralmente a carico del genitore non collocatario nei propri tempi di frequentazione, oltre ad essere quasi integralmente a carico di quest'ultimo anche nei tempi di frequentazione del genitore collocatario.
Vediamo un esempio, e riprendiamo a tal fine i grafici di rappresentazione dei tempi di frequentazione già utilizzati in un precedente contributo.
Ipotesi di lavoro:
Genitore non collocatario: reddito 2.250 (60%)
Genitore non collocatario: tempo di frequentazione 30%
Genitore collocatario: reddito 1.500 (40%)
Genitore collocatario: tempo di frequentazione 70%
I tempi di frequentazione sono rappresentati dalla seguente barra:
I coniugi si separano e il tribunale, adottando un provvedimento che rientra nella media dei provvedimenti dei tribunali italiani, assegna al coniuge non collocatario l'obbligo di versare un assegno di 550 euro per il mantenimento ordinario del figlio della coppia.
Per rispettare il principio di proporzionalità sarebbe necessario che ciascuno dei coniugi versasse complessivamente la propria quota di partecipazione al costo di mantenimento ordinario in proporzione ai rispettivi redditi. Poiché nel nostro esempio i redditi sono ripartiti in misura 60/40 ciò significa che il coniuge non collocatario dovrebbe contribuire al 60% del costo complessivo, ovvero al 60% del costo durante il proprio 30% di tempo di frequentazione e al 60% durante il tempo di frequentazione del coniuge collocatario; specularmente il coniuge collocatario dovrebbe contribuire al 40% del costo sia durante il proprio tempo di frequentazione, sia durante il tempo di frequentazione del coniuge non collocatario.
(Figura A)
Nel nostro esempio, il coniuge non collocatario deve versare al coniuge collocatario la somma di 550 euro; tale somma rappresenta la partecipazione del coniuge non collocatario alla quota di mantenimento sopra indicata con la lettera (A); determinato l'importo della quota (A) è facile desumere le altre quote in base a una proporzione, come risulta dalla tabella seguente:
Ma poiché la prassi non prevede che ci siano due assegni, per fare in modo che ciascuno dei due coniugi contribuisca in proporzione ai propri redditi durante il tempo di frequentazione del figlio con l'altro coniuge, ma un solo assegno complessivo, per rispettare il principio di proporzionalità è necessario che l'importo dell'assegno sia calcolato al netto di tutto ciò che ciascun coniuge corrisponde a vario titolo.
Rivediamo quindi la precedente tabella considerando che, come avviene nella realtà, il coniuge collocatario non contribuisce in alcun modo ai costi sostenuti dal genitore non collocatario durante i propri tempi di frequentazione.
Il coniuge non collocatario ha integralmente a proprio carico il figlio per il 30% del tempo, inoltre deve versare 550 euro; poiché il coniuge non collocatario dovrebbe contribuire al 60% del costo complessivo, ma contribuisce direttamente solo al 30%, questo signfica che il 30% (pari al differenziale tra il 60% a cui dovrebbe contribuire il coniuge non collocatario e il 30% a cui contribuisce effettivamente) del mantenimento "vale" 550 euro; quindi il 60% del costo complessivo a carico del coniuge non collocatario vale 1.100 euro.
Ma per rispettare il principio di proporzionalità e una coerenza intrinseca tra i numeri, poiché i redditi dei coniugi pesano rispettivamente il 60% e il 40% dei redditi familiari complessivi, ogni volta che il coniuge non collocatario versa o paga, a qualunque titolo 60 euro, bisogna che il coniuge collocatario in qualche modo contribuisca al pagamento di ulteriori 40 euro; quindi a fronte di un coniuge non collocatario che versa, direttamente o indirettamente, 1.100 euro, avremo un coniuge collocatario che dovrebbe sostenere direttamente un costo di 733 euro.
Dovrebbe essere abbastanza evidente che tali cifre non hanno una logica interna: è estremamente improbabile che una famiglia con un reddito complessivo di 3.750 euro spenda ben 1.833 euro al mese per il solo mantenimento ordinario di un figlio; se a tale somma si aggiungono le spese straordinarie di mantenimento del figlio, il mutuo o l'affitto, più il costo necessario per mantenere i genitori è evidente che si supera ampiamente il reddito familiare.
Proviamo ora a vedere cosa accadrebbe se la stessa famiglia, anziché avere un figlio ne avesse tre.
Abbiamo visto che i tribunali italiani sono soliti, in alcuni casi, attribuire al coniuge non collocatario l'obbligo di pagamento di una cifra fissa (mediamente intorno ai 200 euro) "per ogni figlio" oppure determinare il contributo in funzione del reddito del genitore non collocatario (50% del reddito del genitore non collocatario nel caso di tre figli, secondo le tabelle del Tribunale di Monza). Il genitore non collocatario, a parità di altre condizioni, potrebbe vedersi costretto, per provvedimento giudiziario, a versare la somma di euro 1.125.
I numeri non sono segni astratti vergati su un pezzo di carta; per chi li sa interpretare, i numeri parlano. Qual è il significato di tale numero? Cosa significa dire che un coniuge che frequenta per il 30% del tempo complessivo i propri figli deve versare all'altro coniuge un assegno di 1.125 euro? Vediamolo nella tabella seguente.
In questo esempio si vede in modo lampante che l'assegno determinato dal tribunale è privo di un intrinseco senso logico; ad un esame superficiale potrebbe sembrare che l'importo dell'assegno sia sensato; chiunque sarebbe pronto ad affermare, come spesso si sente dire nelle aule giudiziarie, che "non è possibile mantenere tre figli con meno di 1.125 euro". Tuttavia, tenuto conto che il coniuge non collocatario ha integralmente a proprio carico i figli per un terzo del tempo complessivo e che a un determinato contributo del coniuge non collocatario deve corrispondere un contributo proporzionale del coniuge collocatario, affermare che per il residuo terzo a suo carico il genitore non collocatario deve versare 1.125 euro, equivale a dire che il costo complessivo del solo mantenimento ordinario dei figli è pari a 3.750 euro, vale a dire l'intero reddito familiare!
Si riporta di seguito un calcolatore gratuito per verificare la coerenza dell'assegno determinato dal giudice. Diversamente dall'altro calcolatore già pubblicato, che partendo dai redditi dei coniugi determina l'importo dell'assegno che rispetti i principi di proporzionalità, perequazione e redistribuzione del reddito, questo calcolatore effettua il calcolo inverso e, dato l'importo dell'assegno determina il costo di mantenimento ordinario corrispondente a tale importo e la quota di riparto tra i coniugi.
Si invitano tutti gli utenti a valutare i risultati di questo calcolatore con spirito critico e ad utilizzarlo nelle aule dei tribunali per contestare gli importi di assegni palesemente errati o incoerenti.
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